Territorio

Villa d'Agri

Villa d’Agri

II paese è composto da tre borgate distinte. Marsicovetere ne è la parte più antica, il nucleo medievale dove le pietre sono storia e la storia è trattenuta nelle pietre.
E’ da qui, dalla parte più elevata dell’abitato, che con i suoi 1037 metri è tra i centri più alti della Basilicata, al visitatore è regalato un magnifico colpo d’occhio sul verde della Val d’Agri. Le altre due importanti borgate sono: Barricene e Villa d’Agri, quest’ultima, in particolare, può essere considerata il simbolo delle grandi trasforma/ioni che hanno investito la Valle dagli anni ’50 ad oggi.
La scelta, nel 1957. di collocarvi la sede del Consorzio di Bonifica ha segnato il destino dell’allora marginale frazione di Pedali che, come è rivelato dal nome stesso, sorge nel fondovalle ai piedi della montagna. Il suo mutamento in vero “centro direzionale” della zona e stato completato dall’elezione a sede della Comunità Montana “Alto Agri”. Il ruolo del Consorzio di Bonifica è stato particolarmente importante nel l’affrancare questa area dai secolari condizionamenti della malaria.
La zona paludosa, formata dagli straripamenti dell’Agri e dei suoi affluenti, ha sempre costretto le comunità che vi si sono succedute, a cercare nell’aria più salubre della montagna una protezione dal contagio, e nei terreni strappati alle pendici dei monti le possibilità di una spesso stentata sopravvivenza. Una situazione che si riflette anche nella toponomastica: Marsico deriva dall’aggettivo tardo latino “mariscus”, che significa “luogo paludoso e malsano”.
Nonostante le difficili condizioni che la caratterizzavano, la zona fu sempre abitata. Alla popolazione che eresse una “civitas” fortificata nell’età del bronzo, seguì, a partire dalI’VIII secolo a.C. un insediamento di coloni greci. L’avanzata dei Lucani, il popolo sannita che sul finire del V secolo a.C. travolse le colonie greche, interessò anche l’alta Val d’Agri, così come la conquista romana. La distruzione di Grumentum, avvenuta nell’872 ad opera dei Saraceni, indusse i profughi di questa città a cercare rifugio sui contrafforti del monte Volturino.

Comune di Marsicovetere – Villa d’Agri

In località Pedale le Grotte sono state rinvenute antiche fornaci lucane che testimoniano la presenza di un insediamento indigeno preromano. Di epoca romana sono i resti di qualche villa costruita presumibilmente dagli abitanti di Grumentum. Distrutta questa dai Saraceni, una esigua parte degli scampati all’eccidio costruì, in sito abbastanza elevato, un borgo di poche case. Prima di tale evento, in epoca bizantina, risultano insediati, sulle pendici del monte S. Nicola, monaci di rito greco che costruirono i monasteri di S. Elia e di S. Giovanni. Con l’avvento dei Normanni il centro fu fortificato con castello e mura. Il suo primo Feudatario risulta essere stato nel 1135 Adamo de Avenella. Successivamente esso fu assegnato a tale Goffredo, il cui figlio Alessandro, nel Maggio del 1151, donò all’Abbazia della Santa Trinità di Cava il monastero di S. Giovanni. In epoca sveva il Feudo fu concesso a Riccardo Filangieri e successivamente dagli Angioini a Goffredo de Triczarello. Nel 1334 giunse nel Comune il francescano dissidente Angelo Clareno che fondò il convento di S. Maria dell’Aspro, lasciando una traccia profonda nella religiosità del Comprensorio.
Sotto gli Aragonesi nel 1498 divenne Principe di Marsicovetere Giovanni Caracciolo i cui eredi, dopo una breve parentesi di Ferrante di Palma, lo tennero sino al 1777. In quell’anno Laura Caracciolo vendette Marsicovetere per 39.000 ducati al ricco esponente borghese del posto Bernardo Brussone. La vendita venne impugnata da altri esponenti del luogo che chiesero di esercitare il diritto di prelazione in favore dell’Università (Comune), ottenendolo nel 1782. Nel 1806 il Comune si ribellò all’occupazione dei Francesi e venne da questi incendiato e saccheggiato. Gravemente danneggiato dal sisma del 1857, anche Marsicovetere diede il suo contributo all’unità d’Italia, sia partecipando all’attività carbonara nel 1821 e nel 1848 e sia concorrendo alla marcia su Potenza nell’Agosto del 1860. Il Brigantaggio post-unitario vide parecchi cittadini del posto partecipare al moto di rivolta antisabauda e fra essi tristemente famoso divenne Angelantonio Masini, capobanda, (alias Ciuccolo). Depauperato delle migliori energie durante gli esodi migratori, in questi ultimi decenni, con la crescita di Villa d’Agri, sta registrando una forte espansione demografica ed economica.
VILLA D’AGRI
L’antica frazione di Marsicovetere Pedale (ai piedi del monte) cambiò il nome in Villa d’Agri con delibera municipale n° 4 del 18/1/1955 e conseguente Decreto del Presidente della Repubblica del 13/1/1957. Da tale data essa ha subito profondi cambiamenti diventando molto più importante, dal punto di vista economico, rispetto al centro da cui dipende. Il passaggio della fondovalle dell’Agri SS. 598 ha fatto si che essa diventasse sede dei maggiori servizi comprensoriali. Al Consorzio di Bonifica, istituito intorno agli anni ‘50, si sono aggiunti l’Ospedale Civile di zona, la sede della U.S.L., della Comunità Montana, dell’Azienda Agricola Regionale “Bosco Galdo”, del Gal-Acta e dei Vigili del Fuoco. Poche le emergenze monumentali da segnalare: la Chiesa S. Maria Addolorata del XX secolo, cui si accede mediante una larga scalinata in pietra e la masseria fortificata Piccininni (sede del fattore), massiccia costruzione con piccola corte all’interno.
Sulla destra di uno dei primi tornanti della strada che collega Villa d’Agri a Marsicovetere si nota il rudere del Convento di S. Maria dell’Aspro, ove dimorò il frate francescano Angelo Clareno, morto in odore di santità nel 1337. A poca distanza dal centro abitato vi è il rudere del Convento di S. Maria di Costantinopoli (1). Costruito nel 1571 da monaci Cappuccini, nel nome conserva la traccia di un’antica laura basiliana. Ha un impianto regolare quadrilatero con chiostro centrale intorno al quale si articolavano le celle monacali su due piani. Lungo Corso Vittorio Emanuele troviamo il Palazzo Ziella, la Chiesa Madre di S. Pietro e Paolo e la Cappella Madonna delle Nevi. Quest’ultima insieme al Palazzo Ziella risalgono al XVII sec. Il Palazzo attualmente abitato conserva un bel dipinto su pietra. Del XIV secolo è la Chiesa Madre dei SS. Pietro e Paolo che presenta una nicchia sul portale in cui è posta una pregevole statua di Madonna col Bambino di un artista locale. Si conservano all’interno alcune tele di scuola napoletana del ‘700, di cui una raffigurante S. Giovanni Battista, e un’acquasantiera con un cinquecentesco leone di pietra. Più sopra, in Largo Pionetello, si erge una torre dell’antico Castello medioevale dell’XI sec. Da largo Pionetello, continuando per Corso Garibaldi, si incontrano il Palazzo Tranchitella e il Palazzo Piccininni del XVII-XVIII, con portale e loggiato in pietra.

Tempi e modi dello sviluppo urbano di Marsicovetere
Cenni storici

Marsicovetere

Marsicovetere

Le origini dell’insediamento pare possano farsi risalire al periodo del Neolitico: da esso fino all’Età del Bronzo, infatti, è accertata l’esistenza di una “civitas” con caratteristiche di fortificazione (presso l’attuale “Tuppo di San Nicola”), che Strabone indicava con il nome di ” Vertina”. Si hanno poi notizie d’insediamenti di gruppi umani che vissero qui durante il periodo della colonizzazione greca (dal XVIII sec.a.C.) e della successiva conquista dei lucani prima, e, due secoli dopo, dei Romani, che fondarono l’avamposto militare Grumentum nel III sec a.C.
Il regime romano del latifondo portò alla degradazione del suolo, reso più impervio dalla carenza di strade e dalla poca densità della popolazione contratta in insediamenti sparsi, in alto sulla montagna, per sfuggire alla malaria che, fino ai nostri giorni, condizionerà la millenaria vita di questa civiltà. Tra tali insediamenti o “pagus” vi è il ristretto perimetro della “civitas” di Marsicovetere.
Dopo la distruzione di Grumentum (878d.C.), il “pagus” o “vicus” di Marsicovetere sarà abitato da gruppi umani che sfuggirono alle incursioni dei Saraceni, che usavano risalire l’Agri nella conquista del territorio.
Un primo certo documento, del 1188, ci testimonia che Marsicovetere era un castello, poco più che una fortezza, con un piccolo borgo intorno, adibita a resistenza abituale del “ signore” Batolomeo, munita di mura difensive.
In questi anni , il signore Bartolomeo dona all’abate di Marsiconuovo, la chiesa di Santa Maria di Marsicovetere definendo in questo modo un doppio legame tra Marsicovetere e Marsiconuovo :dipendenza religiosa, perché Marsico Nuovo è sede vescovile di badie e conventi ,dipendenza economica , perché i contadini lavoreranno per secoli su terreni e beni mobili di proprietà di enti ecclesiastici o feudali di Marsico Nuovo, per voto e devozioni dei signori del borgo vecchio.
Nel periodo normanno-svevo, Marsicovetere appartenne al Giustizierato di Basilicata ed è un centro di non più 140 persone.
Nel 1277 è tassato per 19 fuochi, vale a dire che è formato da poco più di una ventina di nuclei famigliari, composti ognuno da quattro o sei persone.
D’ora in poi, le vicende del borgo verranno scandite dagli eventi principali che interessano la diffusione e l’affermazione del Cristianesimo.
Dopo i Benedettini cavesi, il Cristianesimo, venne diffuso ed istituzionalizzato dai Francescani. Nel 1334 giunse a Marsicovetere un francescano dissidente , che fuggiva da Subiaco per contrasti con la curia romana e con la politica ecclesiastica della gerarchia francescana: Angelo Clareno.
Nato nel 1240, era diventato il capo della setta dei “Fraticelli della povera vita” e concludeva la sua intensa esperienza spirituale in Val D’Agri, venendo a fondare una chiesa madre , a S.Maria dell’Aspro. La religione di Clareno era una forma di quello spontaneismo che solo in un periodo successivo vedrà canalizzato il proprio bisogno di soprannaturale nella forma della mediazione offerta dalla chiesa romana, che, viceversa, in questo periodo, delude, accusata di corruzione.
Clareno attirava gente a Marsicovetere, avendo prodotto in quest’ultimo ricco triennio, un’effervescenza religiosa, basata su di una spiritualità che predicava il rinnovamento della vita.
Il misticismo francescano aveva utilizzato il profetismo per diffondere fra la popolazione un clima di “attesa”, aspettativa dell’arrivo della nuova era dello Spirito Santo.
Clareno, traduttore delle regole di San Basile, riesce ad attirare queste povere ed incolte popolazioni trasferendo l’utopia religiosa del rinnovamento dalla passata esaltazione della vita di San Francesco verso il futuro prossimo, un tempo verso cui tutti possano orientare il proprio progetto di vita, esaltando, nelle prediche e lettere, l’imminente trionfo dei veri poveri, dei veri fedeli. Era venuto in queste terre per morire solitario tra poveri (“ ut remotus iter pauperes moriar”). Ma Clareno era stato accolto come un taumaturgo, su cui si erano riversate, per proiezione psicologica, le ansie collettive di questo entroterra selvaggio.
Vecchio, stanco e consumato, Clareno si spense il 15 Giugno 1337.
Questo spontaneismo religioso, di colpo, si spense nel nulla. Neppure un decennio dopo, anche la valle entrò nella crisi del Trecento, che ne sconvolse l’assetto per oltre un secolo.
L’età moderna ,periodo meglio documentato,vi ritroviamo le tre caratteristiche storiche fondamentali : la ripresa demografica ;la nuova feudalizzazione baronale;l’estensione ed il consolidamento del potere e delle istituzioni ecclesiastiche.
La crescita dei fuochi e della popolazione di Marsicovetere è la seguente:

Dei circa 120 abitanti del 1277 , nel 1561, punta più alta per lo sviluppo di questo paese, la densità raggiunse i tremila abitanti ,che però significativamente (per lo squilibrio tra risorse e popolazione) è già in calo nel 1595 e subisce un tracollo decisivo con la peste del 1656 che riduce Marsicovetere a meno di 600 abitanti. Questa mortalità eccessiva e l’oscillazione delle curve demografiche sono da collegare non solo all’epidemie ed ai terremoti ma pure alle carestie cicliche ed alla errata conduzione dei terreni che seguendo il noto ciclo moderno , erano concause nell’adeguare la popolazione alle risorse economiche prodotte da una comunità.
Il potere feudale , particolaristico , in questa periferia si articolò come conseguenza del rafforzarsi della monarchia dello Stato moderno e re Federico il 28 Dicembre 1498 investì Giovanni Caracciolo quale principe di Marsicovetere, famiglia che terrà questo feudo fino al 1777.
Oltre al palazzo , costruito nel paese, i Caracciolo edificarono un casino con peschiera a Pedali (insediamento di valle” , con vigne intorno .
Nel 1777 il feudo fu venduto al “ magnifico” marsicoveterese Bernardo Brussone, ricco appartenente al ceto civile e dottore in legge.
Contro l’infeudamento della famiglia Brussone iniziarono le trame d’alcuni zelanti d’altre famiglie borghesi che non volevano finire sotto la giurisdizione, più presente ed oppressiva, di un signore locale.
Il 20 Gennaio 1778, l’arciprete don Flavio Marini, don Saverio Maffei e don Donato Piccininno proclamarono Marsicovetere “Città Regia”, chiedendo al sovrano che riconoscesse il paese come appartenente al Regio Demanio, fatto che, nelle intenzioni avrebbe comportato esenzioni fiscali ed amministrative e determinato una maggiore libertà dell’Universitas, del comune, che si liberava, in tal modo, dal giogo e dalla giurisdizione feudale.
L’Università rimase al Regio Demanio fino al 1806.
Nonostante tutto, la valle conserva l’immagine di sostanziale povertà. Tale condizione viene attribuita, dai vescovi, ai feudatari, che intendevano realizzare i più alti profitti dal feudo assegnato in realtà i fattori erano molteplici: la peste del 1594, il suolo, il clima, la carenza di culture succedanee, la lontananza di porti, e l’assenza di strade per le carrozze, l’assenza di commercio, le leggi restrittive del Viceregno e dell’Università.
Le popolazioni, in genere, sono industriose, e vivono con strenuo lavoro, pur rimanendo nella miseria, a causa dell’eccessivo peso fiscale e dell’ampliamento di fame e di povertà si assiste ai vani tentativi di ribellione, mentre l’Università era dominata dalle lotte che le varie famiglie si facevano per la designazione alle cariche amministrative, il solo posticino che garantiva il poco spazio di libertà lasciato dal feudatario.
La rivoluzione antifeudale e antibaronale è la grande protagonista del XVII secolo: in essa si era coagulato un fronte sociale antifeudale, in cui per la prima volta, si trovarono uniti i ceti subalterni dei contadini dei professionisti, degli artigiani e dei proprietari, uniti nella lotta contro i poteri giurisdizionali ed economici del baronaggio.Ma l’alleanza politica fra i baroni e i viceré, la caduta di Napoli e la debolezza di prospettive politiche fece crollare le forze della rivoluzione, con la resa rassegnata della subordinazione al potere baronale.
Il XVIII secolo è caratterizzato, soprattutto, da un’eccezionale ripresa demografica, la popolazione di Marsicovetere, infatti, quadruplica: gli abitanti passano da circa 700 a 3100, con gravi squilibri, però, rispetto alle risorse disponibili.
Fra alterne vicende nel 1860 passò al Regno d’Italia ed in questo periodo fu teatro delle imprese dei briganti lucani che trovarono uno dei loro più famosi rifugi tra i boschi del Volturino.
Nel 1881 Marsicovetere contava 3002 abitanti, ed in questo periodo comincia la lenta ed inesorabile migrazione verso gli Stati Uniti e l’Australia fino alla Seconda guerra mondiale e nel recente passato, verso le città del nord Italia.
Attualmente Marsicovetere conta piu di 5.000 abitanti ed è formato oltre che dal Centro Storico anche dalle frazioni di Villa D’Agri(di cica 4.000 abitanti) e Barricelle.
Arch. Raffaella Pascale

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